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-‐
che
la
valutazione
nel
caso
di
reati
che
ledono
beni
costituzionalmente
tutelati
“in
favore
della
collettività”
non
può
risentire
dell’eventuale
“livello”
assicurato
in
concreto
allo
stesso
bene.
Ad
esempio,
per
l’ambiente
(art.
9,
co.
2,
Cost.),
nel
caso
di
reati
che
comportino
una
compromissione
in
concreto,
proprio
perché
deve
operarsi
una
valutazione
di
carattere
oggettivo,
il
fatto
reato
che
causa
un
degrado
ulteriore
(ma
non
esiguo)
rispetto
a
quello
già
esistente
(anche
in
misura
rilevante)
impedisce
di
configurare
l’esiguità
dell’offesa;
-‐
che
quando
nella
fattispecie
incriminatrice
o
nelle
aggravanti
vi
è
espresso
riferimento
all’offesa
o
al
pericolo,
dovrà
tenersene
specificamente
conto.
Ad
esempio
nell’art.
570,
co.
2,
n.
2)
c.p.,
l’avere
fatto
venire
meno
i
mezzi
di
sussistenza
appare
ostativo
al
riconoscimento
della
causa
di
non
punibilità,
così
come
di
rilievo
appare
la
valutazione
nei
casi
in
cui
si
delinea
il
dolo
specifico
per
il
danno
causato.
In
generale
emerge
la
necessità
di
un
giudizio
sintetico,
ma
complessivo,
sul
fatto,
tenendo
conto
di
tutti
gli
elementi
indicati.
In
tal
senso,
del
resti,
è
la
giurisprudenza
in
materia
degli
analoghi
istituti
previsti
nel
processo
minorile29
e
innanzi
al
giudice
di
pace,
perché
solo
la
valutazione
“globale”
consente
di
assicurare
un
apprezzamento
complessivo
della
particolare
tenuità
dell’offesa.
4.2.3.
b)
La
non
abitualità
del
comportamento
Il
secondo
requisito
è
costituito
dalla
non
abitualità
del
comportamento.
A
differenza
dell’ipotesi
previsto
nel
procedimento
innanzi
al
Giudice
di
pace
(ove
si
parla
di
“occasionalità”),
il
legislatore
richiama
la
“non
abitualità”
che
potrebbe
riferirsi
a
un
comportamento
anche
non
meramente
economica
della
persona
offesa
se
il
valore
della
cosa
in
sé,
oggetto
della
condotta
delittuosa,
non
sia
esso
stesso
sufficientemente
indicativo
della
speciale
tenuità
o
meno.”.
29
Cfr.
S,C.
sent.
n.
32692/10.
occasionale.
La
ratio
dell’istituto
e
gli
ulteriori
dati
testuali
inducono,
però,
a
ritenere
che
occorre
l’occasionalità
che,
comunque,
non
esprime
l’unicità
del
comportamento.
Anche
in
questo
caso
si
prevedono
criteri
orientativi
ostativi
(art.
131-‐bis,
co.
3,
c.p.)
che
consentono
di
desumerne
alcuni
in
“positivo”.
L’esame
dello
schema
di
decreto,
del
parere
della
commissione
giustizia
e
del
testo
emanato30,
dimostra
che
l’introduzione
di
criteri
postativi
è
finalizzata
a
delimitare
ulteriormente
la
valutazione
discrezionale,
impedendo
interpretazioni
che
erano
state
espressamente
avanzate
(nel
corso
delle
audizioni
in
Parlamento)
Il
comportamento
è
abituale,
e
perciò
non
consente
la
declaratoria
di
non
punibilità,
nel
caso
in
cui
(alternativamente,
l'autore:
·∙
sia
stato
dichiarato
delinquente
abituale
(art.
102,
103,
104
c.p.),
professionale
(art.
105
c.p.)
o
per
tendenza
(art.
108
c.p.).
Pur
se
la
precisazione
potrebbe
appare
superflua,
trattandosi
di
“dichiarazioni”
giudiziali
che
producono
specifici
effetti
negativi
(previsti
dall’art.
109
c.p.
e
da
norme
di
varia
natura),
il
testo
esclude
diverse
interpretazioni31.
La
disposizione
non
impedisce
l’applicazione
dell’istituto
nel
caso
in
cui
gli
effetti
si
estinguano
con
la
riabilitazione
(ex
art.
109
u.c.
c.p.p.),
venendo
meno
la
ragione
stessa
del
presupposto
ostativo;
·∙
abbia
commesso
più
reati
della
stessa
indole,
anche
se
ciascun
fatto,
isolatamente
considerato,
sia
di
particolare
tenuità.
Si
esclude
la
non
punibilità
nel
caso
di
realizzazione
di
più
fattispecie
con
condotte
finalizzate
a
violare
disposizioni
con
“caratteri
fondamentali
comuni”
(art.
101
c.p.)
che,
30
La
disposizione
è
stata
introdotta
su
richiesta
della
Commissione
giustizia.
31
Nel
corso
delle
audizioni
parlamentari
si
era
prospettata
“in
via
di
principio
l’applicabilità
dell’istituto
a
un
reato
occasionale,
che
faccia
seguito
a
distanza
di
molti
anni
a
un’abitualità
dichiarata
a
fronte
di
condotte
disomogenee”.
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