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La c.d. Carta di Noto è diventato lo strumento fondamentale per una corretta istruzione dei processi con imputazioni aventi ad oggetto delitti di abuso sessuale su minori, e in particolare per un corretto esame di questi ultimi. Qui di seguito sono proposte la versione aggiornata al 2002, quella del 2011 e l'ultima versione del 2017.

Carta di Noto
(aggiornata al 7 luglio 2002)
Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale
Premessa

Il presente aggiornamento della Carta di Noto del 1996, che costituisce ormai un riferimento costante per giurisprudenza, letteratura e dottrina, è stato reso necessario dalle innovazioni legislative intervenute nel frattempo e dall’evoluzione della ricerca scientifica in materia.
Le linee guida che seguono devono considerarsi quali suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni, assicurando nel contempo al minore la protezione psicologica, nel rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e degli strumenti del diritto internazionale.
Quando non fanno riferimento a specifiche figure professionali le linee guida valgono per qualunque soggetto che nell’ambito del procedimento instauri un rapporto con il minore.

1. La consulenza tecnica e la perizia in materia di abuso sessuale devono essere affidate a professionisti specificamente formati, tanto se scelti in ambito pubblico quanto se scelti in ambito privato. Essi sono tenuti a garantire il loro costante aggiornamento professionale.
Nel raccogliere e valutare le informazioni del minore gli esperti devono:
a) utilizzare metodologie e criteri riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento;
b) esplicitare i modelli teorici utilizzati, così da permettere la valutazione critica dei risultati.

2. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto l’accertamento dei fatti per cui si procede che spetta esclusivamente all’Autorità giudiziaria. L’esperto deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo alla peculiarità della fase evolutiva del minore.

3. In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti devono essere estesi ai membri della famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e ove necessario, al contesto sociale del minore.
E' metodologicamente scorretto esprimere un parere senza avere esaminato il minore e gli adulti cui si fa riferimento, sempre che se ne sia avuta la rituale e materiale possibilità. Qualora l'indagine non possa essere svolta con tale ampiezza, va dato conto delle ragioni dell’incompletezza.

4. Si deve ricorrere in ogni caso possibile alla videoregistrazione, o quanto meno all’audioregistrazione, delle attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei comportamenti del minore. Tale materiale, per essere utilizzato ai fini del giudizio, va messo a disposizione delle parti e del magistrato. Qualora il minore sia stato sottoposto a test psicologici i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti integralmente ed in originale.

5. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività dell’indagine, l’esperto avrà cura di individuare, esplicitare e valutare le varie ipotesi alternative, siano esse emerse o meno nel corso dei colloqui.

6. Nel colloquio con il minore occorre:
a) garantire che l'incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la serenità del minore;
b) informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura in corso;
c) consentirgli di esprimere opinioni, esigenze e preoccupazioni;
d) evitare domande e comportamenti che possano compromettere la spontaneità, la sincerità e la genuinità delle risposte, senza impegnare il minore in responsabilità per ogni eventuale sviluppo procedimentale. .

7. L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento.

8. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati di per sè come indicatori specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude di per sè l’abuso.

9. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione relativa alla compatibilità tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato di violenza sessuale è necessario che l’esperto rappresenti, a chi gli conferisce l’incarico, che le attuali conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilità od incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L’esperto, anche, se non richiesto, non deve esprimere sul punto della compatibilità nè pareri nè formulare alcuna conclusione.

10. La funzione dell’esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi.
La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali compiti siano attribuiti ai servizi socio-sanitari pubblici.
In ogni caso i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non sono influenti, per loro natura, ai fini dell’accertamento dei fatti che è riservato esclusivamente all’autorità giudiziaria.

11. L’assistenza psicologica al minore va affidata ad un operatore specializzato che manterrà l’incarico in ogni stato e grado del procedimento penale. Tale persona dovrà essere diversa dall’esperto e non potrà comunque interferire nelle attività di indagine e di formazione della prova.

12. Alla luce dei principi espressi da questa Carta si segnala l’urgenza che le istituzioni competenti diano concreta attuazione alle seguenti prescrizioni contenute nell’art. 8 del Protocollo alla convenzione dei diritti del fanciullo sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia rappresentante bambini (stipulato il 6 settembre 2000 a New York, ratificato con legge dello Stato 11 marzo 2002 n. 46) con le quali:
1. Gli Stati Parte adottano ad ogni stadio della procedura penale le misure necessarie per proteggere i diritti e gli interessi dei bambini che sono vittime delle pratiche proscritte dal presente Protocollo, in particolare:
a) Riconoscendo la vulnerabilità delle vittime ed adottando le procedure in modo da tenere debitamente conto dei loro particolari bisogni, in particolare in quanto testimoni;
b) Informando le vittime riguardo ai loro diritti, al loro ruolo ed alla portata della procedura, nonchè alla programmazione e allo svolgimento della stessa, e circa la decisione pronunciata per il loro caso;
c) Permettendo che, quando gli interessi personali delle vittime sono stati coinvolti, le loro opinioni, i loro bisogni o le loro preoccupazioni siano presentate ed esaminate durante la procedura in modo conforme alle regole di procedura del diritto interno;
d) Fornendo alle vittime servizi di assistenza appropriati, ad ogni stadio della procedura giudiziaria;
e) Proteggendo, se del caso, la vita privata e l’identità delle vittime e adottando misure conformi al diritto interno per prevenire la divulgazione di qualsiasi informazione atta ad identificarle;
f) Vigilando, se del caso, che le vittime e le loro famiglie e i testimoni a carico siano al riparo da intimidazioni e rappresaglie;
g) Evitando ogni indebito riguardo nel pronunciare la sentenza e nell'esecuzione di ordinanze o decisioni che stabiliscono un indennizzo per le vittime.
2. Gli Stati parti si accertano che nessuna incertezza relativa all'età effettiva della vittima impedisca l'instaurazione di inchieste penali, soprattutto di inchieste volte a determinare la loro età.
3. Gli Stati Parte si accertano che nel modo di trattare le vittime dei reati descritti nel presente Protocollo da parte dell’ordinamento giudiziario penale, l’interesse superiore del bambino sia sempre il criterio fondamentale.
4. Gli Stati Parte adottano misure per impartire una formazione appropriata, in particolare in ambito giuridico e psicologico, alle persone che si occupano delle vittime dei reati di cui al presente Protocollo.
5. Se del caso, gli Stati Parte si adoperano come necessario per garantire la sicurezza e l’integrità delle persone e/o degli organismi di prevenzione e/o di tutela e riabilitazione delle vittime di tali reati.
6. Nessuna disposizione del presente articolo pregiudica il diritto dell’accusato ad un processo equo o imparziale o è incompatibile con tale diritto.

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Carta di Noto
(aggiornamento al 10-12 giugno 2011)
Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale

Premessa

Il secondo aggiornamento della Carta di Noto, nove anni dopo il primo, ha come scopo quello di adeguare il contenuto del documento ai progressi scientifici maturati nello studio del cervello, dei processi cognitivi, percettivi, mnestici e nel campo della psicologia evolutiva. L’irruzione delle nuove tecnologie informatiche nel mondo giovanile ha prodotto profonde modificazioni nei sistemi cognitivo ed emotivo, tanto più radicali quanto più debole ed esposta sia la mente che subisce il fenomeno. Le linee guida che seguono devono considerarsi quali suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni, assicurando nel contempo al minore la protezione psicologica, la tutela dei suoi diritti relazionali, nel rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e degli strumenti del diritto internazionale. In particolare, i principi e le regole contenuti in questa Carta recepiscono le disposizioni contemplate dall’articolo 8,comma 6 del Protocollo della Convenzione di New York ratificato l’ 11 marzo 2002 e dall’articolo 30, comma 4 della Convenzione di Lanzarote ratificata in data 19 gennaio 2010 . Quando non fanno riferimento a specifiche figure professionali, le linee guida valgono per qualunque soggetto che nell’ambito del procedimento instauri un rapporto con il minore.

1. Le collaborazioni come ausiliari della P.G. e dell’Autorità Giudiziaria, nonché gli incarichi di consulenza tecnica e di perizia in materia di abuso sessuale, devono essere affidate a professionisti che abbiano conseguito una specifica formazione, tanto se scelti in ambito pubblico quanto se scelti in ambito privato. Essi sono tenuti a garantire il loro costante aggiornamento professionale interdisciplinare. Nel raccogliere e valutare le informazioni del minore gli esperti devono: a) utilizzare metodologie evidence-based e strumenti (test, colloqui, analisi delle dichiarazioni, ecc.) che possiedano le caratteristiche di ripetibilità e accuratezza, e che siano riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento; b) esplicitare i modelli teorici utilizzati, così da permettere la valutazione critica dei risultati. E’ metodologicamente corretta una procedura basata su principi verificabili di acquisizione, analisi e interpretazione di dati e fondata su tecniche ripetibili e controllabili, in linea con le migliori e aggiornate evidenze scientifiche.

2. E’ diritto delle parti processuali, in occasione del conferimento di ogni incarico peritale, interloquire sull’effettiva competenza dell’esperto e sul contenuto dei quesiti.

3. In tema di idoneità a testimoniare del minore le parti e gli esperti si assicurano che i quesiti siano formulati in modo da non implicare giudizi, definizioni o altri profili di competenza del giudice.

4. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto la ricostruzione dei fatti o la veridicità di quanto raccontato dal minore che spettano esclusivamente all’Autorità Giudiziaria. L’esperto deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo alla peculiarità della fase evolutiva del minore.

5. Per soggetti minori di età inferiore agli anni dieci si ritiene necessario, salvo in casi di eccezionali e comprovate ragioni di tutela del minore, che sia disposta perizia al fine di verificarne la idoneità a testimoniare. La idoneità a testimoniare non implica la veridicità e credibilità della narrazione.

6. L’accertamento sulla idoneità a testimoniare deve precedere l’audizione del minore. Tale accertamento va condotto evitando di sollecitare la narrazione sui fatti per cui si procede.

7. Le dichiarazioni del minore vanno sempre assunte utilizzando protocolli d’intervista o metodiche ispirate alle indicazioni della letteratura scientifica, nella consapevolezza che ogni intervento sul minore, anche nel rispetto di tutti i canoni di ascolto previsti, causa modificazioni, alterazioni e anche perdita dell’originaria traccia mnestica. Le procedure d’intervista devono adeguarsi, nella forma e nell’articolazione delle domande alle competenze cognitive, alla capacità di comprensione linguistica (semantica, lessicale e sintattica), alla capacità di identificare il contesto nel quale l’evento autobiografico può essere avvenuto, alla capacità di discriminare tra eventi interni ed esterni, nonché al livello di maturità psico-affettiva del minore. Un particolare approfondimento dovrà essere effettuato in ordine all’abilità del minore di organizzare e riferire il ricordo in relazione alla complessità narrativa e semantica delle tematiche in discussione e all’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, derivanti dall’interazione con adulti.

8. Non è metodologicamente corretto esprimere un parere senza aver esaminato il minore e gli adulti di riferimento, salvo che non ve ne sia la rituale e materiale possibilità, dando conto in tal caso delle ragioni dell’incompletezza dell’indagine. Tale valutazione - allo scopo di identificare eventuali influenze suggestive esterne - non può prescindere dall’analisi dei contesti e delle dinamiche che hanno condotto il minore a riferire o rivisitare la propria esperienza.

9. Il parere dell’esperto dovrà chiarire e considerare le modalità attraverso le quali, prima del proprio intervento, il minore ha narrato i fatti a familiari, P.G., magistrati ed altri soggetti. In particolare, dovrà dar conto: a) delle sollecitazioni e del numero di ripetizioni del racconto; b) delle modalità utilizzate per sollecitare il racconto; c) delle modalità della narrazione dei fatti (se spontanea o sollecitata, se riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative); d) del contenuto e delle caratteristiche delle primissime dichiarazioni, nonché delle loro modificazioni nelle eventuali reiterazioni sollecitate.

10. Le attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei comportamenti del minore devono essere video-registrate, in quanto anche gli aspetti non verbali della comunicazione sono importanti per una corretta valutazione. La videoregistrazione è finalizzata anche a ridurre le audizioni del minore. Tutto il materiale video-registrato, anche in contesti quotidiani e domestici, relativo all’ascolto di minori da parte di figure adulte significative, deve essere acquisito agli atti al fine di valutarne la rispondenza ai requisiti di validità elaborati dalla letteratura psico-giuridica e dalle scienze cognitive. Le riprese video dovranno sempre consentire di verificare le modalità dell’interazione dell’esperto con il minore (comunicazione non verbale, feedback, ecc.). In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti devono essere estesi ai membri della famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e, ove necessario, al contesto sociale del minore. Tali accertamenti non possono prescindere dalla videoregistrazione delle dichiarazioni delle persone sopraindicate.

11. Qualora il minore sia sottoposto a test psicologici i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti integralmente ed in originale. I test utilizzati devono essere caratterizzati da elevata e comprovata affidabilità scientifica. La scelta dei test è affidata alla competenza dell’esperto che dovrà rispondere al giudice e alle parti del loro grado di scientificità. I test e i disegni non sono utilizzabili per trarre conclusioni sulla veridicità dell’abuso. Non esistono, ad oggi, strumenti o costrutti psicologici che, sulla base di teorie accettate dalla comunità scientifica di riferimento, consentano di discriminare un racconto veritiero da uno non veritiero, così come non esistono segnali psicologici, emotivi o comportamentali attendibilmente assumibili come rivelatori o “indicatori”’ di una vittimizzazione sessuale o della sua esclusione.

12. In sede di raccolta delle dichiarazioni del minore ritenuto ideoneo a testimoniare occorre: a) garantire che egli sia sentito in contraddittorio il più presto possibile; b) garantire che l'incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la sua serenità; c) informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura in corso; d) consentirgli di esprimere esigenze e preoccupazioni; e) evitare, anche nella fase investigativa, modalità comunicative anche non verbali che possano compromettere la spontaneità e le domande che possano nuocere alla sincerità e genuinità delle risposte; f) contenere la durata e le modalità del colloquio in tempi rapportati all’età e alle condizioni emotive del minore,nel rispetto comunque dei diritti processuali delle parti.

13. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività dell’indagine, l’esperto deve individuare eventuali ipotesi alternative emerse o meno nel corso dei colloqui. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati come “indicatori” specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude l’abuso. Attenzione particolare va riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori come: a) separazioni coniugali caratterizzate da inasprimento di conflittualità dove si possono verificare, ancor più che in altri casi, situazioni di falsi positivi o falsi negativi; b) allarmi generati solo dopo l’emergere di un’ipotesi di abuso; c) fenomeni di suggestione e di contagio ‘dichiarativo’; d) condizionamenti o manipolazioni anche involontarie (es. contesto psicoterapeutico, scolastico, ecc. ) .

14. Nei casi di abusi sessuali collettivi cioè di eventi in cui si presume che una o più persone abbiano abusato sessualmente di più minori, occorre acquisire elementi per ricostruire, per quanto possibile, la genesi e le modalità di diffusione delle notizie anche al fine di evidenziare una eventuale ipotesi di "contagio dichiarativo".

15. L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento, sempre che venga condotto in modo da garantire, nel rispetto della personalità in evoluzione del minore, il diritto alla prova costituzionalmente riconosciuto.

16. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione relativa alla compatibilità tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato che abbiano visto lo stesso vittima di violenza anche sessuale, è necessario che l’esperto rappresenti, a chi gli conferisce l’incarico, che le attuali conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilità od incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L’esperto non deve esprimere, sul punto della compatibilità, pareri né formulare conclusioni.

17. La funzione dell’esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi. La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali compiti siano attribuiti ai Servizi Socio-Sanitari pubblici. In ogni caso, i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non sono influenti, per loro natura, ai fini dell’accertamento dei fatti, che è riservato esclusivamente all’Autorità Giudiziaria. La stessa persona che ha svolto o sta svolgendo a favore della presunta vittima attività psicoterapeutica o di sostegno psicologico non può assumere il ruolo di esperto in ambito penale. Fatta eccezione per i casi di rilevante e accertata urgenza e gravità di disturbi a livello psicopatologico del minore, l’avvio di un percorso terapeutico deve avvenire dopo l’acquisizione della testimonianza per evitare eventuali inquinamenti.

18. L’assistenza psicologica al minore va affidata ad un operatore specializzato che manterrà l’incarico in ogni stato e grado del procedimento penale. Tale persona dovrà essere diversa dall’esperto e non potrà, comunque, interferire nelle attività di indagine e di formazione della prova.

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Carta di Noto
(aggiornamento al 14 ottobre 2017)
Linee guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale

Premessa

La memoria non è una riproduzione precisa degli eventi percepiti in quanto essa è un processo dinamico e (ri)costruttivo. Il processo mnestico è molto sensibile alle influenze esterne che possono interferire a livello della codifica, del consolidamento e/o del richiamo. Gli effetti dei processi di costruzione della memoria autobiografica assumono una particolare rilevanza nei bambini, a causa della loro maggiore suggestionabilità, della loro dipendenza dal contesto ambientale e dalla difficoltà nel corretto monitoraggio della fonte di informazioni (esperienza vissuta, assistita o narrata). è probabile che eventuali vuoti nel ricordo siano colmati con elementi coerenti con l'avvenimento oggetto del ricordo inferiti da informazioni disponibili, per quanto non direttamente percepiti durante l'esperienza originaria. L'amnesia infantile può essere totale, prima dello sviluppo del linguaggio (primi due anni di vita), o parziale, nel periodo in cui il bambino non ha ancora acquisito piena competenza linguistica (sino ai tre anni e mezzo circa). In ogni caso, i ricordi riferiti a questa fase evolutiva, per essere considerati accurati e credibili, devono essere corroborati da riscontri indipendenti ed estrinseci. I bambini sono sempre da considerarsi testimoni fragili perchè educati a non contraddire gli adulti e non sempre consapevoli delle conseguenze delle loro dichiarazioni e, pertanto, propensi a confermare una domanda a contenuto implicito. Richiesti da un adulto, i bambini possono mostrarsi compiacenti (cioè tendono a conformarsi a ciò che presuppongono sia desiderato dall'interrogante) e persino suggestionabili (cioè si convincono intimamente che le cose sono andate in un certo modo, così come più o meno esplicitamente suggerito dall'interrogante). Il seguente protocollo, nel fare propri i principi delle "Linee guida nazionali - L'ascolto del minore testimone" (2010), delinea e specifica, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, le migliori prassi a cui attenersi nella raccolta della testimonianza di un minore e nella valutazione della sua capacità di testimoniare.

1. E' necessario che gli esperti (psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili) e le altre figure professionali (magistrati, avvocati, Polizia Giudiziaria) coinvolte nella raccolta della testimonianza dei minori possiedano specifiche competenze legate ad una aggiornata formazione in psicologia forense e della testimonianza.

2. Il minore va sentito in contraddittorio il prima possibile. Le dichiarazioni vanno assunte utilizzando protocolli d'intervista o metodiche basate sulle indicazioni della letteratura scientifica accreditata, nella consapevolezza che l'audizione del minore potrebbe causare modificazioni e alterazioni del ricordo. Le audizioni effettuate o ripetute ad una considerevole distanza temporale vanno valutate con grande cautela a causa della condizione psicologica mutata rispetto all'epoca dei fatti e dei potenziali fattori di inquinamento del ricordo.

3. E' opportuno che l'attività di assistenza psicologica o psicoterapeutica del minore - salvo casi di particolare urgenza e gravità - avvenga dopo che questi ha reso testimonianza in sede di incidente probatorio.

4. La funzione dell'esperto incaricato di effettuare l'audizione e/o una valutazione a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e al trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi. La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali compiti siano attribuiti ai Servizi Socio-Sanitari pubblici. In ogni caso, i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non sono influenti, per loro natura, ai fini dell'accertamento dei fatti.

5. Gli esperti devono avere una competenza specifica e documentabile. E' diritto delle parti processuali, in occasione del conferimento di ogni incarico peritale, interloquire sull'effettiva competenza dell'esperto e sul contenuto dei quesiti.

6. Le procedure d'intervista devono adeguarsi allo sviluppo cognitivo ed emotivo del minore. L'audizione di soggetti minori va effettuata avvalendosi di un esperto ausiliario con funzioni di facilitazione comunicativa. Il suo contributo non ha finalità cliniche o di mera assistenza psicologica, ma deve rivolgersi a raccogliere elementi utili a far luce sul fatto oggetto di indagine, mitigando il rischio di vittimizzazione secondaria.

7. Per evitare anche involontari condizionamenti nella conduzione delle interviste è preferibile che l'esperto che coadiuva il magistrato nella raccolta della testimonianza sia diverso dall'esperto incaricato della verifica dell'idoneità a testimoniare.

8. In sede di raccolta delle dichiarazioni occorre ridurre il numero delle audizioni. Il minore deve essere avvertito della finalità della sua audizione con la possibilità di dire che "non ricorda" e "non sa". Le interviste vanno opportunamente audio-videoregistrate avendo cura che vengano documentate anche le modalità dell'interazione dell'esperto con il minore (comunicazione non verbale, feedback, ecc.). Nel proporre domande occorre evitare che esse lascino trapelare aspettative dell'interrogante o che diano per scontati fatti che sono oggetto di indagine. L'incontro deve avvenire in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la serenità del minore, evitando ogni contatto con l'accusato. Occorre contenere la durata e le modalità dell'audizione in tempi rapportati all'età e alle condizioni emotive del minore. Durante l'intervista va verificato se il minore ha raccontato in precedenza i presunti fatti ad altre persone e con quali modalità.

9. L'incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento. Onde limitare il rischio sia di fenomeni di vittimizzazione secondaria, sia di rielaborazione/contaminazione del ricordo degli eventi vissuti, risulta opportuno procedere all'audizione in sede di S.I.T. solo in caso di necessità, ovvero quando gli elementi probatori non siano sufficienti per proseguire l'azione penale.

10. Per soggetti di età inferiore agli anni dodici si ritiene necessario, salvo in casi di eccezionali e comprovate ragioni di tutela del minore, che sia sempre disposta perizia al fine di verificarne la idoneità a testimoniare sui fatti oggetto d'indagine.

11. Nella valutazione del minore gli esperti dovrebbero utilizzare metodologie evidence-based e strumenti che possiedano le caratteristiche di ripetibilità e accuratezza e che siano riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento.

12. In tema di idoneità a testimoniare le parti e gli esperti si assicurano che i quesiti siano formulati in modo da non implicare giudizi, definizioni o altri profili di competenza del giudice. Non vanno utilizzate dall'esperto espressioni come "attendibilità", "credibilità", "veridicità", "compatibilità" perchè potenzialmente fuorvianti. Il quesito posto all'esperto dovrebbe riferirsi a quanto accreditato dal patrimonio di conoscenze della comunità scientifica. Ove la richiesta peritale esorbitasse dalle sue competenze e da quanto è accreditato dal patrimonio scientifico attuale, l'esperto deve farlo presente al giudice.

13. L'idoneità a rendere testimonianza sulla quale l'esperto è chiamato ad esprimersi comprende capacità generiche e specifiche. Le prime riguardano funzioni cognitive quali la memoria, l'attenzione, le capacità di comprensione e di espressione linguistica, la capacità di individuare la fonte delle informazioni, le capacità di discriminare realtà e fantasia, il verosimile dal non verosimile, ecc., nonchè il livello di suggestionabilità e di maturità psico-affettiva. Le capacità specifiche riguardano l'abilità del minore di organizzare e riferire il ricordo in relazione alla complessità esperienziale di quello che si suppone essere avvenuto e l'eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne (derivanti dall'interazione con adulti o con coetanei) che possano avere interferito nel racconto.

14. In sede di accertamento dell'idoneità specifica è necessario chiarire e considerare le circostanze e le modalità attraverso cui il minore ha narrato i fatti a familiari, operatori sociali, Polizia Giudiziaria ed altri soggetti.

15. All'esperto non può essere demandato il compito di accertare la veridicità e la validità del racconto o dei racconti resi; i metodi scientifici che sono stati sviluppati non possono essere applicati all'accertamento della verità fattuale della produzione narrativa del minore. La idoneità a testimoniare non implica la veridicità e la credibilità della narrazione.

16. L'accertamento sull'idoneità a testimoniare deve precedere l'audizione del minore e, in ogni caso, non è possibile inferire la capacità stessa dalla qualità (coerenza interna, caratteristiche narrative, ecc.) della testimonianza resa. In caso di abuso intrafamiliare le valutazioni devono essere estese ai familiari, ove possibile e, ove necessario, al contesto sociale del minore.

17. Non è metodologicamente corretto esprimere un parere sull'idoneità a testimoniare senza aver esaminato il minore e gli adulti di riferimento, salvo che non ve ne sia la rituale e materiale possibilità, dando conto in tal caso delle ragioni dell'incompletezza dell'indagine.

18. Non esistono segnali psicologici, emotivi e comportamentali validamente assumibili come rivelatori o "indicatori" di una vittimizzazione. Non è scientificamente fondato identificare quadri clinici riconducibili ad una specifica esperienza di abuso, nè ritenere alcun sintomo prova di essi. Parimenti, l'assenza di sintomatologia psicologica, emotiva e comportamentale in capo al minore non può escluderli.

19. Non è possibile diagnosticare un disturbo post-traumatico da stress o un disturbo dell'adattamento ricavandone l'esistenza dalla sola presenza di sintomi, i quali potrebbero avere altra origine.

20. Attenzione particolare va riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori, quali:
a) separazioni dei genitori caratterizzate da inasprimento di conflittualità dove si possono verificare, ancor più che in altri casi, situazioni di falsi positivi o falsi negativi;
b) allarmi generati solo dopo l'emergere di un'ipotesi di abuso;
c) fenomeni di suggestione e di "contagio dichiarativo";
d) condizionamenti o manipolazioni anche involontarie (es. contesto psicoterapeutico, scolastico, ecc.).

21. Tutto il materiale audio-videoregistrato, anche in contesti quotidiani e domestici, relativo all'ascolto di minori da parte di figure adulte significative, deve essere acquisito agli atti al fine di valutare l'eventuale presenza di elementi suggestivi.

22. Qualora il minore sia sottoposto a test psicologici, i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti integralmente ed in originale. I test utilizzati devono essere caratterizzati da comprovata validità e fedeltà scientifica. La scelta dei test è affidata alla competenza dell'esperto che dovrà rispondere al giudice e alle parti del loro grado di scientificità. I test, compresi quelli proiettivi, e i disegni non sono utilizzabili per trarre conclusioni sulla veridicità dell'abuso. L'impiego delle bambole anatomiche è altamente sconsigliato. L'utilizzazione del disegno e/o del gioco, se strettamente necessari, dovrebbe rivolgersi unicamente a favorire la comunicazione con il minore.

23. Nei casi di abusi e/o maltrattamenti collettivi cioè di eventi in cui si presume che una o più persone abbiano abusato e/o maltrattato più minori, occorre acquisire elementi per ricostruire, per quanto possibile, la genesi e le modalità di diffusione delle notizie anche al fine di evidenziare o escludere una eventuale ipotesi di contagio dichiarativo.